Il tratto pianeggiante
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L'attuale statale 33 del Sempione verso Ornavasso
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La tratta pianeggiante da Milano a Sesto Calende costituiva un itinerario di facile percorrenza, preesistente e probabilmente praticato fin dall'epoca romana.
Spianato il Foro di Bonaparte, a Milano, si diede avvio alla realizzazione dell'Arco del Sempione e Corso Sempione divenne il nuovo asse stradale.
Pero e Rho furono punti della nuova linea viaria ed a Rho venne costruita la prima stazione di posta. Seguendo una strada già esistente ed attraversando il fiume Olona era possibile raggiungere la seconda stazione di posta, il “Palazzo dei Magi”.
La strada del Sempione attraversava la Selva Longa (i boschi che separavano Castellanza e Gallarate), abbandonava a Sud Busto Arsizio e si dirigeva verso il nucleo storico medievale gallaratese. Giungeva quindi a Somma ed, al fine di evitare ove possibile i centri abitati, costeggiava il centro abitato di Castrate.
A Somma la scelta progettuale aveva previsto l'abbandono della vecchia Strada Ducale a causa dei numerosi avvallamenti e degli improvvisi scoscendimenti che la caratterizzavano. Per la nuova strada si era optato, dunque, per un percorso più lungo ma più sicuro attraverso i territori di Vergiate.
Superato il Ticino, attraverso due rettilinei e costeggiando Castelletto, Dormelletto, Dormello e Mercurago si giungeva ad Arona.
Ebbe inizio in questo punto la maestosa opera dei tecnici italiani, intervento che permetterà alla nuova via di raggiungere Gabio.
La suddetta via può essere suddivisa in tre sezioni:
- da Arona a Feriolo, costeggiando il Lago Maggiore.
- lungo la Val d'Ossola, fino a Domodossola.
- lungo la Val Divedro, fino a Gabio, ove si congiunge con la Strada Francese che, superato il Passo, scende a Briga e nel Vallese.
Il Primo Console di Francia aveva ordinato che fossero i militari a realizzare la strada e che le responsabilità del tratto da Briga a Gstein - Gabio e di quello Gabio - Domodossola spettassero rispettivamente l'uno alla Francia, l'altro alla Repubblica Cisalpina.
Sul lungolago, ove possibile, si tentò di ridurre il danno determinato dal passaggio della strada ai terreni coltivabili. Nei punti in cui sporgevano sull'acqua promontori di granito si provvide al loro abbattimento al fine di indirizzare la nuova via verso luoghi favorevoli per la realizzazione di ponti volti ad abbreviarne il tragitto.
Nella realizzazione dei tracciati delle curve si preferì al tradizionale arco di circonferenza quello di parabola, quasi prevedendo le esigenze di velocità dei moderni mezzi di trasporto.
Particolare attenzione fu rivolta alla cura altimetrica della nuova strada, garantendone completa orizzontalità lungo il Lago Maggiore, salite estremamente dolci in Val d'Ossola e pendenze costanti al 6% nei tratti montuosi.
La pendenza della salita di Gondo raggiungeva l'8%, percentuale irrisoria al confronto dei valori toccati dall'antica mulattiera, prossimi in alcuni punti al 40%.
Un manto superficiale realizzato con uno strato di ghiaia spesso circa 30 centimetri costituiva la carreggiata, di ampiezza pari ad 8 metri anche nei tratti alpini.
Lateralmente furono collocati paracarri in pietra e colonne chilometriche scolpite, nei tratti di maggiore pericolosità, inoltre, furono posizionati parapetti costituiti da pilastrini e robuste travi in legno orizzontali. In alcuni punti ai lati della strada, a garanzia di ulteriore sicurezza, furono lasciati due sentieri di un metro.
A sostegno e protezione della carreggiata lungo il lago furono costruiti muri di sostegno in pietra cementata alti fino a dieci metri.
Nel tratto alpino della Valle Divedro si realizzarono con il medesimo scopo muri a secco in pietre squadrate alte fino a 6 metri e coperte alla sommità da lastre di granito.